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La devozione a S. Michele Arcangelo
in Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione
Fondatrice dell’Ordine
delle Adoratrici Perpetue del SS.mo
Sacramento
15
San Michele Arcangelo, infonda in tutti
i fedeli il vero senso della gloria di Dio,
interceda la perseveranza nella fede e
difenda tutti dal nemico infernale.
S
Michele.PDF
©
Federazione delle Adoratrici Perpetue
del SS.mo Sacramento
Anno dell’Eucaristia 2004-2005
SAN MICHELE NELLA SCRITTURA
L’Arcangelo Michele era già considerato dagli
Ebrei come il principe degli angeli, protettore del popolo
eletto, simbolo della potente assistenza divina nei
confronti di Israele. Nell´Antico Testamento appare per tre
volte, in particolare nel libro di Daniele (Dn
10, 13.21; 12, 1), dove è stato indicato come
il difensore del popolo ebraico e il capo supremo
dell’esercito celeste che difende i deboli e i perseguitati.
«Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che
vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di
angoscia, come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni
fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo,
chiunque si troverà scritto nel libro». (Dn
12, 1) Il suo nome
Mika ‘el
significa:
Chi è come Dio?
Nel Nuovo Testamento, S. Michele Arcangelo è
presentato come avversario del demonio, vincitore
dell’ultima battaglia contro satana e i suoi sostenitori.
Troviamo la descrizione della battaglia e della sua vittoria
nel capitolo 12 del libro dell’Apocalisse:
«Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi
angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva
insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più
posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente
antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce
tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono
precipitati anche i suoi angeli ».
LE RADICI PAGANE DI SAN MICHELE
L’arte sacra ha rappresentato, questo Santo
Guerriero così: con le ali, come la Vittoria alata, con
un’armatura lucente e una spada e una lancia con le quali
sconfiggere il male, Satana che gli appare sottoforma di
drago. San Michele viene a volte raffigurato con una
bilancia mediante la quale pesa le anime: le più leggere,
prive di colpe gravi, vengono destinate al Paradiso, le
altre, appesantite dal peccato, all’inferno. Taluni
ravvisano nelle caratteristiche di questo Arcangelo le
medesime del dio pagano Mercurio, nome latino del dio greco
Ermes, che nacque da una relazione tra Giove e Maja, in un
cavità del monte Cillenio. Egli principalmente era il
messaggero degli dei con il compito di diffondere il volere
di tutte le divinità, per questo i suoi calzari erano alati
come il suo cappello. Aveva anche il Caduceo, simbolo del
potere e della conoscenza. Era inoltre uno «psicopompo» con
il compito di accompagnare le anime dei trapassati verso il
loro ultimo viaggio e, all’occorrenza, riportarli in vita.
Questo nume proteggeva il sonno e i sogni, lo si invocava
non solo per avere una buona morte, ma anche un buon riposo.
Tra le tante peculiarità di Mercurio vi erano anche quelle
di aiutare i commerci leciti ed illeciti e di proteggere
ladri, bari e malfattori in genere. Lo si invocava anche
quando si intendeva intraprendere un lungo viaggio come nume
tutelare dei viandanti; per questo motivo si ponevano agli
incroci di vie principali gli «erme», delle pietre quadrate,
con la sommità a forma di testa, oppure due pietre poste una
contro l’altra. Ermes veniva invocato anche dagli atleti
dagli oratori e dagli uomini di grande ingegno. Nonostante
questa divinità pagana abbia degli elementi in comune con
San Michele, capo delle milizie celesti è tuttavia vano
cercare in queste leggende su San Michele e sul suo presunto
antesignano qualche fondo di verità; una cosa è certa: la
devozione all’Arcangelo San Michele, nata in Oriente e
diffusasi in tutto il mondo, ha mantenuto alcuni tratti
simili a quelli del leggendario Dio pagano.
BREVI CENNI STORICI DEL CULTO A SAN MICHELE
Una festa in onore degli Angeli Custodi venne
celebrata primariamente in Spagna, in Francia, nel sec.XV.
Soppressa da San Pio V, fu ristabilita nel 1608 da Paolo V,
e nel 1670, da Clemente X resa obbligatoria per tutta la
Chiesa al 2 di ottobre.
In San Michele, l’Arcangelo1 , sembra si sia
individuato il primo culto liturgico della Chiesa verso gli
Angeli. Però strano a dirsi, in lui, il campione di Dio che
aveva trionfato di Satana, che aveva combattuto per il corpo
di Mosè2 e per difendere la donna dell’Apocalisse3 i fedeli
non videro il patrono dei guerrieri cristiani, ma il medico
celeste delle umane infermità. In occidente e nell’Italia,
in particolare, il culto di San Michele, al principio del V
sec., era pure abbastanza diffuso. Si avevano chiese a lui
dedicate in Spoleto, Ravenna, Perugia, Piacenza, Genova,
Milano. A Roma il sacramentarlo Leoniano, il 30 settembre,
sotto il titolo
Natale
basilicae S. Angeli in Salaria,
contiene cinque formulari di Messa, tre dei quali nel
Prefazio, si riferiscono alla dedicazione della chiesa
suddetta in onore di S. Michele, situata sulla via Salaria,
sei miglia a nord della città.4 Il Gelasiano e il Gregoriano
hanno a loro volta una
Dedicatio
basilicae S. Michaëlis,
ma senza l’aggiunta «in via Salaria» e posta
al 29 Settembre.5 Questa data del 29 settembre, che da
anniversario di dedicazione si trasformò poi nell’attuale
festa di S. Michele, fu accolta in tutti i paesi
occidentali. L’altra festa in onore del S. Arcangelo, che la
Chiesa latina celebrava l’8 maggio, era stata istituita in
origine a ricordare la vittoria navale, ottenuta per
intercessione di S. Michele, dai Longobardi di Siponto
(Manfredonia) l’8 maggio 663. Ad una data consimile
dell’anno 492 o 494, si diceva ancora, secondo un racconto
misto a leggenda, che S. Michele fosse apparso in una
caverna del Monte Gargano in Manfredonia. Il santuario colà
edificato in suo onore assurse ben presto larga fama e
diventò un centro attivo di irradiazione del suo culto
nell’Italia del Sud, nonché in Lombardia attraverso il
regime dei Longobardi, allora padroni del ducato di
Benevento. Sul tipo del santuario garganese e con una
leggenda simile, venne fondato, nel 709, a San Michele in
Normandia un altro celebre santuario, che diffuse in tutto
l’occidente e nel settentrione d’Europa il culto del S.
Arcangelo. Fu in omaggio a queste antiche tradizioni, che
Pio V chiamò la festa dell’ 8 maggio
Apparitio
S. Michaëlis.
Venne soppressa nella recente riforma del
Calendario da Papa Giovanni XXIII (1960).
SAN MICHELE NELLA LITURGIA
La Liturgia romana attribuisce a S. Michele
una duplice funzione:
a)
Quella di essere guida delle anime al cielo.
Era un’opinione comune presso le regioni pagane che l’anima
fosse condotta verso la sua dimora nell’altra vita da un
conduttore (….) dei morti. E poiché costui doveva aver
ricevuto da Dio la missione di condurgli le anime esso aveva
pure il nome di Angelo. Questi Angeli psicopompi erano
facilmente accomunati ai geni dei venti, perché scortavano
le anime attraverso l’aria. Anche il giudaismo ellenico
partecipava a queste idee6. I rabbini insegnavano che
possono essere introdotti in Cielo quelli soltanto la cui
anima è portata dagli Angeli. Gesù stesso del resto, non
aveva detto nella parabola dell’epulone che erano stati gli
Angeli a portare l’anima di Lazzaro nel seno di Abramo? Ora,
fra tutti gli Angeli, S. Michele era lo psicopompo più
eminente. Era stato lui, a detta di San Gregorio di Tours,
che aveva presentato a Dio le anime di Adamo e Eva e quelle
perfino di S. Giuseppe e di Maria SS. Ecco perché la
credenza degli angeli conduttori delle anime fu ben presto
accolta nella Chiesa e fissata in vetusti testi epigrafici e
liturgici. Uno di questi, contenuto, nel
Ant.ad
offert.
della
Messa dei defunti, riguarda precisamente S. Michele:
Signifer Sanctus Michaël repraesentet eas
(sc.
animas)
in lumem
sanctam.
Altri testi con lo stesso significato si
trovano nell’Ufficio e nel Rituale, ma sono di creazione
posteriore. In rapporto a questo incarico affidato da Dio a
S. Michele, sta una scena, già attribuita dagli antichi a
Mercurio e figurata sui monumenti classici, la quale si
incontra di frequente nei cicli iconografici medioevali, la
pesatura delle anime. L’Arcangelo è rappresentato con una
bilancia nelle mani; in uno dei piatti è posta l’anima sotto
la figura di un bambino ignudo; mentre l’altro piatto, che
si suppone abbia a contenere il peso morale delle sue opere
malvagie, viene sollecitato dal diavolo perché la bilancia
pieghi dalla sua parte.
b)
Quella
del difensore del popolo cristiano: i testi liturgici si
ispirano volentieri alla Scrittura, che designa Michele come
capo delle milizie angeliche, le quali combattono Satana, il
nemico di Dio e del suo popolo e lo invocano perché difenda
la Chiesa nelle sue lotte e le anime nelle strettezze della
morte e del giudizio:
Michaël arcangeli veni in audiutorium populo
Dei
( I ant., II not.);
Sancte Michaël arcangeli, difende nos in
prelio, ut non pereamus in tremendo jiudicio
(vers. dell’Alleluja nella Messa.) La
tradizione cristiana ha eletto perciò S. Michele patrono
della città, delle province, dei regni cattolici; ne portava
lo stendardo in prima fila nelle battaglie; ne ha messo la
statua sulle cittadelle come Castel S. Angelo a Roma, e lo
ha prevalentemente rappresentato vestito da guerriero,
coperto di corazza, con la spada in pugno, mentre atterra il
dragone infernale che s’accascia vinto ai suoi piedi…
Non va infine dimenticato che la festa
liturgica del 29 settembre mira ad onorare S. Michele, non
solo singolarmente, ma anche in special modo come capo e
rappresentante di tutte le schiere angeliche.
I testi più antichi della Messa e, in misura
più ridotta, quelli dell’ufficio esprimono questo carattere
collettivo che si indirizza globalmente agli Angeli, a
cominciare dall’orazione
Deus qui
miro ordine,
composta
molto probabilmente da S. Gregorio Magno. Con tutto ciò il
Papa Benedetto XV ( † 1922) nel 1921 credette opportuno
introdurre una propria festa liturgica anche a ciascuno dei
due Arcangeli, di cui finora mancavano, fissando al 24 marzo
quella di S. Gabriele e al 24 ottobre quella di S. Raffaele.
I due inni dell’ufficio latino
Te
splendore Christe Sanctorum
che cantano le speciali benemerenze dei tre
Arcangeli, associandoli alla gloria di Maria SS. Loro
regina, sono attribuiti a Rabano Mauro, abate di Fulda (†
856).7
Dai brevi cenni storici qui riportati si
rileva anzitutto che il culto a San Michele nasce
strettamente unito al culto degli angeli in generale. La
festa stessa, fissata il 29 settembre, mira ad onorare, con
il «gran Principe», le schiere angeliche. S. Michele,
invocato quale difensore contro gli attacchi del nemico
infernale è considerato dalla pietà popolare medico delle
anime ferite dal peccato (a differenza di San Raffaele che,
in virtù della vicenda narrata nel libro di Tobia, viene
invocato come medico dei corpi). Particolarmente sentita era
la devozione a San Michele in qualità di traghettatore delle
anime.
LA DEVOZIONE A SAN MICHELE SUL MONTE
ARGENTARIO
Riportiamo ora alcune note riguardanti una
presunta apparizione di San Michele Arcangelo sul Monte
Argentario a difesa del nascente Istituto fondato da San
Paolo della Croce. Questa singolare testimonianza ci fa
intuire tracce di un culto a S. Michele nei luoghi che hanno
dato i natali a Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione.
«Nella quaresima del 1733, S. Paolo della Croce e il
fratello Giovanni Battista poterono nonostante le continue
guerre (prima fra Spagna ed Austria poi fra Tedeschi e
Spagnoli), dar inizio sul Monte Argentario alla edificazione
del Ritiro che avrebbe accolto il nascente Istituto, grazie
al potente aiuto di San Michele.
L’OPERA DI DIO ALLA PROVA
Cessati gli ostacoli dei tempi,
incominciarono le persecuzioni degli uomini. E quanto non
fecero i maligni per ostacolare l’opera di Dio! Si sparsero
mille calunnie contro il Santo; si presentarono alle
autorità civili ed ecclesiastiche memoriali diffamatori per
indurle ad op15 porsi al proseguimento dell’odiato edificio.
Si giunse perfino a mandare nottetempo delle persone pagate
perché abbattessero, o perlomeno rovinassero il lavoro
giornalmente compiuto dagli operai. Solamente desistettero
dalla loro malvagia opera, quando, una notte, librato sul
sacro edificio, videro un Celeste Messaggero, con una spada
sguainata, minacciare di morte i sacrileghi perturbatori
dell’opera di Dio. In quel misterioso personaggio celeste S.
Paolo ravvisò l’Arcangelo S. Michele, di cui era devotissimo
e dal quale, in una visione avuta nella spelonca del monte
Gargano, aveva avuto assicurazione che avrebbe sempre
protetto lui e la sua nascente congregazione. Per tutte
ragioni volle il Santo dedicargli un altare nella nuova
chiesa, costituendo altresì patrono del suo Istituto.
Finalmente cessati i venti delle contrarietà, smentite tutte
le calunnie, superato ogni altro ostacolo, la costruzione fu
condotta felicemente a termine verso la metà del 1737, con
gioia immensa del Servo di Dio.».8
E qui giova raccontare un prodigio che il
Signore operò ad intercessione del suo servo, e col quale
venne a mostrare il compiacimento che aveva di quell’opera.
Un giorno il P. Gio. Battista vedendo come il
dover recar l’acqua dal lontano portava molto incomodo,
maggior dispendio e perdita di tempo, si pose ad osservare
attorno se vi fosse traccia di più vicina sorgente; ed ecco
che giunto vicino ad un dirupo sentissi animato da viva
fede, che ivi appunto dovesse trovarsi ciò che cercava.
Adunque subitamente inalberata una Croce, invitò i suoi
compagni a seguirlo processionalmente, recitando devote
orazioni, e pervenuto al detto luogo, disse ad uno di loro
che scavasse un poco e si troverebbe per certo l’acqua.
Ubbidì il religioso, e non appena si ebbe cavata un poco di
terra, ecco con maraviglia di tutti venir fuori un copioso
rivo di acqua buonissima. Non è dire la contentezza che ne
provasse il buon Padre, e quali affettuose grazie ne dovesse
rendere a Dio datore di ogni bene. Fatta quindi scavare
dalla terra una piccola guida, per essa condusse l’acqua
sino al luogo della fabbrica e si venne in tal modo a
risparmiare assai di fatica. In tal fonte sebbene col lungo
andar degli anni sia diminuito della quantità, è però
rimasto sempre perenne, quasi a perpetua memoria del
prodigioso fatto. Con tali eccitamenti la fabbrica cominciò
a progredire assai, di modo che dopo la Pasqua di quell’anno
medesimo, tempo in cui fece ritorno il Santo Fondatore, le
mura già vedovansi ben alte dal suolo: ma la guerra
sopravvenuta tra gli spagnoli ed i tedeschi e varie
opposizioni di malevoli, fecero sospendere i lavori, ne si
poté ottenere di riprenderli e compierli se non alla fine
del 1737. E qui è giusto che facciamo esempio o menzione di
un altro fatto straordinario, per la ragione ancora che,
die’ motivo al nostro buon Padre di prender poi il cognome
di S. Michele.
«Ciò fu che durante quel tempo in cui si
ripresero i lavori, quei malevoli che avversavano lo
stabilimento della santa opera, non contenti di crear sempre
nuove difficoltà con le dicerie, con le calunnie e cogli
impegni, si posero un giorno in capo di struggerla coi
fatti; e adunatesi in buon numero, si avviarono di notte al
romitorio per schiacciarne quei solitari, e rovinare quindi
tutta la fabbrica innalzata. Iddio però che vegliava alla
difesa dell’opera dispose che giunti gli sciagurati sul
luogo venissero sorpresi da orribile spavento per cosa
celeste che loro apparve all’improvviso e che li scompigliò
e li mise in fuga. Un’anima molto pia, dimorante in
Orbetello, raccontò che in quella notte aveva veduto sul
Monte Argentaro l’Arcangelo S. Michele, armato in modo
terribile, che custodiva quel luogo e che ne respingeva gli
assalitori. In seguito a un tal fatto, il nostro Giò
Battista, per attestato di gratitudine verso il Principe
della Milizia Angelica, volle da allora innanzi aggiungere
al suo nome anche quello di S. Michele Arcangelo e volle
inoltre che nella nuova Chiesa venisse eretto un altare in
onore del medesimo».9 Questa dell’Argentario è l’unica
traccia che possa in qualche modo testimoniare la devozione
a San Michele di M. M. Maddalena. La sopraccitata
apparizione è avvenuta, infatti, nel 1733 circa quarant’anni
prima della nascita di Caterina Sordini. I racconti del
fatto prodigioso che (visti i frequenti contatti della
famiglia Sordini con i passionisti dell’Argentario) ella
indubbiamente avrà sentito raccontare, possono aver
alimentato in lei la devozione all’Arcangelo Michele. Negli
scritti di Madre Maria Maddalena non si trova menzione
esplicita di San Michele, mentre si trovano molti
riferimenti agli angeli. La Madre li addita alle sue Figlie
quali modelli da imitare nell’adorazione e nell’amore a Gesù
Eucaristia e nella purezza della vita.
LA DEVOZIONE AGLI ANGELI E A SAN MICHELE
ARCANGELO ALL’INTERNO DEI DOCUMENTI DELLE ADORATRICI
PERPETUE DEL SANTISSIMO SACRAMENTO
Ogni volta che Madre Maria Maddalena menziona
gli angeli ci si sente ricondotti a quel momento in cui ella
contemplò estatica la volontà di Dio su di lei: fondare un
Ordine che si dedicasse all’Adorazione Perpetua del SS.
Sacramento. Colui che abita i cieli è rimasto per nostro
amore in una piccola Ostia: questo ha impressionato l’anima
e la vita della Madre. Quest’ostia che è oggetto della
venerazione degli angeli è spesso dimenticata dagli uomini.
«Chi
lo avrebbe mai pensato, o potuto immaginarlo, o Gesù mio,
che dopo d’esservi incarnato, dopo d’aver battuta per
trentatré anni la polvere del nostro esilio, e dopo
d’esservi immolato per noi sull’Albero della Croce, ed esser
visibilmente asceso al Cielo, aveste ancor voluto rimaner
con noi in una maniera invisibile sino alla fine del mondo
in forma di Vittima, e di Ostia, per esser ad un tempo
stesso nostro perpetuo Sagrifizio, e Viatico del nostro
pellegrinaggio. Voi non vi partite punto dal Cielo, dove
siete salito, e non di meno tutt’i giorni un milione di
volte venite sulla terra per bocca dei Sacerdoti Dio, e
Uomo, come siete in Cielo, e così adorabile, come siete
adorato dagli Angioli. Io adoro insieme con loro tutto
quello, che voi siete, e tutto quello, che fate in questo
adorabile Mistero
». (Direttorio
1814,
pag. 46;
Serie Oro 1,
pag. 69-70)
«Vi adoro dunque, o mio amabilissimo
Salvatore, nella vostra Divinità, e SS.ma Umanità in questo
Sacramento con il più profondo rispetto, di cui sono capace,
e mi annichilo agli occhi miei quanto più posso, per render
omaggio alla Sagra Maestà Vostra di tutto quello, che io
sono, e posso colla grazia vostra. Adoro questo avvilimento,
che voi illustrate con tanta meraviglia nell’umile
situazione, onde vi siete voluto porre; e per supplire in
qualche guisa alle mancanze di fede, di amore, e di umiltà,
che io posseggo, sebbene in una maniera imperfettissima, mi
unisco alle adorazione degli Angioli, che sono in questo S.
Tempio…».
(Direttorio
1814,
pag. 47;
Serie Oro 1,
pag. 70-71)
Certo agli uomini e quindi anche alle sue
figlie adoratrici, sebbene chiamate a condividere la «sorte
dei serafini», occorre per adorare il lume della Fede:
«Eccoci
pertanto, Figlie mie benedette, nella sorte de’ Serafini,
adorando col lume della S. Fede il nostro Celeste Sposo Gesù
Sacramentato in trono di maestà e misericordia sul sagro
Altare. Oh! Quanto é amabile la sua Divina Presenza, quanto
desiderabile lo stargli vicino! Caro mio Gesù, tirate a voi
le anime nostre, e fate che rientrando in loro stesse, si
abbandonino tutte in Voi fonte di ogni bene».
(Esortazione
II)
La compagnia degli angeli è quella che
maggiormente le adoratrici devono richiamare alla memoria
per essere aiutate nell’adorazione a Gesù Sacramentato:
«Esaminarsi
se spesso ci ricordiamo nel decorso del giorno, come pure
della notte quando ci svegliamo, di Questo amatissimo
dell’anime nostre; facendo verso di Lui aspirazioni amorose,
desiderando di sempre adorarlo, di stare tutti i momenti
della nostra vita a piè del sagro altare in compagnia dei
Santi Angeli, ringraziando Gesù che con tanto amore si è
donato tutto a noi. Giacchè una Adoratrice perpetua dovrebbe
essere un’accesa serafina in amare ed adorare Gesù
Sagramentato; tutti i suoi affetti dovrebbero tendere a Lui,
nostra vita e nostro contento; e come cerva sitibonda
anelare continuamente a questa fonte perenne, e come
famelica bramare di essere cibata di questo pane celeste.
Ah, mio Dio! Se vi si amasse davvero, il solo
nome di Gesù Sacramentato renderebbe sazio il nostro cuore».
(26
AVV.
1820 – N. 25) «Ecco,
o anima mia, il fortunato momento che ti dà Gesù amantissimo
tuo Sposo per adorarlo e lodarlo nascosto nell’Ostia
consacrata. Sì, vado io ad offrire al suo divin Cuore le mie
lodi ed adorazioni e le mie suppliche con tutta l’effusione
dell’anima mia, nel luogo stesso ov’Egli, pieno di
misericordia mi chiama e mi aspetta. Deh, sia accetta a
questo Dio, re del cielo e della terra la mia corte, che
intendo ora fargli in compagnia dei S. Angioli che ivi
reverenti lo adorano, e sia con ciò da me adempita la
volontà Sua SS.ma, conforme vuole lo spirito delle mie S.
Regole, che devoprofessare. Amen».
(AVV.
1812
– Cap. I)
Gli angeli sono anche modelli di vita e
«menare vita angelica» è il consiglio che la Madre da alle
sue figlie, specie in ordine alla purezza:
«In
ordine poi al voto della Castità, bastasolo che sappiate che
chi si dà per Sposa a Gesù che si pasce dei gigli (simboli
della purità), ed a cui servono gli Angioli, conviene che
meni vita angelica, guardandosi sempre di ammettere in sé
cosa che macchiar la possa, ossia di pensieri, di parole e
di opere; e per esser perciò Voi in essa perseverante,
starete in guardia di voi medesima, tenendo ben applicate le
potenze dell’anima vostra e custoditi con gelosia i
sentimenti tutti del vostro corpo; il che farete con cuore
veramente generoso ed animato da quella pietà e viva fede
che richiede l’eccellenza del S.mo vostro Istituto».
(26
AVV.
1812 – Rifl. VI
Serie Oro 1,
pag. 42)
e alle virtù: «Bisogna,
che voi attendiate a divenire Angioli e Santi con imitare le
virtù degli Angeli e de’ Santi. Pregate dunque questi
spiriti beati e queste anime sante che hanno già la bella
sorte di godere la gloria e la chiara visione di Dio,
affinché vi ottengano la grazia di essere simili a loro.
Celebrerete poi le loro feste con una devozione angelica e
li imiterete particolarmente nell’esercizio della presenza
di Dio (qual esercizio procurerete di non mai perdere di
vista) Infine avrete una devozione grande ai vostri Santi
Angioli Custodi; co’ quali vivrete come con i compagni del
vostro pellegrinaggio in questo luogo di esilio».
(Direttorio
1814,
pag. 9)
Come San Michele accompagna le anime nella
gloria del Cielo così chi si allieta della compagnia degli
angeli, custodisce l’animo nella serenità e nella pace,
meritando di giungere a godere della gioia piena nei cieli.
«Voi
novella Sposa di Gesù, prendete dunque motivo di far con
frutto la S. Professione, notandovi in seguito di questa
quei salutari propositi che vi fanno viepiù conforme a
quello che Egli amantissimo, e Dio del vostro cuore, ricerca
da voi, come una delle sue perpetue Adoratrici a piè del
sagro Altare, dove in compagnia dei Serafini avete a
prestargli perenni le vostre adorazioni, lontana sempre da
quelle melanconie, ansietà e rusticità, che punto non
convengono a chi con pace, serenità di mente, e lieto animo,
bene e santamente dar gli deve anche con i S. Angioli onore
e gloria, per meritarvi in punto di morte, come vivamente vi
desidero dall’infinita sua misericordia e clemenza in premio
di vostra fedeltà, quel dolcissimo invito: “Veni, Sponsa
Christi, accipe coronam quam tibi Dominus pepararavit in
aeternum. Amen.”».
(AVV.
1812
- Rifl. IX
Serie Oro 1,
pag. 39-40)
CONCLUSIONE
Le attuali Costituzioni delle Adoratrici
raccogliendo queste indicazioni della Madre e facendo tesoro
della devozione all’Arcangelo san Michele ricevuta in
eredità esprimono in poche righe tutto quello che del
potente protettore è possibile dire:
«San
Michele, capo della corte celeste, abbia un posto
particolare nel cuore delle Adoratrici, interamente
consacrate alla gloria di Dio rimasto in mezzo agli uomini.
Le Adoratrici a lui si rivolgano perché infonda in loro il
senso di questa gloria, le unisca alla vita adorante degli
angeli in cielo, le difenda dalle tentazioni e distrazioni e
le presenti al trono di Dio quali vittime da consumarsi in
puro e santo amore».
(S. Michele Arcangelo Cost.
art. 65) Concludiamo questo breve excursus su
San Michele, con la preghiera che quotidianamente recitano
le Adoratrici mediante la quale s’implora questa «guida
delle anime» a condurci al Cielo perseverando sul retto
sentiero:
San Michele Arcangelo, infondi in noi il vero
senso della gloria di Dio ottienici di perseverare con
umiltà e fede nel servizio eucaristico difendici dal nemico
infernale e fa’ che possiamo essere unite alla vita adorante
degli angeli in cielo.
Amen.
***************************************
1
Gd
9
2
Ibidem
3
Ap
12, 7
4
È noto che nel VI sec. La Chiesa Romana non
aveva ancoraun rituale apposito per la consacrazione delle
Chiese:era sufficiente a tale scopo la
Depositio
delle reliquieseguita dalla celebrazione
della Messa.
5
Il Duchesne ritiene che sia la stessa del
Leoniano, il Kellner, invece, congettura che si tratta della
chiesa di S. Michele in Sassia, restaurata dal Pontefice
Simmaco (498-514), ora col titolo dei Ss. Michele e Magno.
6
Nel libro di
Enoch
(39, 3), apocrifo giudaico, si legge che un
turbine di vento strappò Enoch dalla faccia della terra vivo
e lo depose nel soggiorno celeste dei giusti.
7
Mario Righetti,
Storia liturgica
- vol. II / Ancora 1969
8
Da
Vita Illustrata di San Paolo della Croce,
Milano 1917 pag. 86
9
Memorie dei primi compagni di S. Paolo della
Croce fondatore de’ Passionisti
- II. Edizione - Roma 1932 pag. 32
FINITO
DI STAMPARE I L 26 GIUGNO
2005
-
GIORNO ANNIVERSARIO DELLA PROMULGAZIONE
DEL
DECRETO
D I ALLARGAMENTO DELLA FEDERAZIONE
A I
MONASTERI
SPAGNOLI
(1985) -
COI T I
P I DELLA TIPOLITOGRAFIA
NAZIONALE SAI DI
VIGEVANO
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